Lo struzzo, secondo la credenza comune, nasconde la
testa sotto la sabbia in caso di pericolo, sicuro di non subire il danno. In
questo modo nell’Urbanistica i tecnici pubblici e privati non hanno fatto altro
che considerare “ottimisticamente” ciò che poteva funzionare, dimenticando cosa
non sarebbe potuto andare ed oggi l’esito è disastroso.
Anziché scoprire le diversità, le incompatibilità, si
sceglie di prendere in considerazione soltanto gli aspetti positivi di una
situazione.
I programmi politici parlano di Verde, parchi
urbani, recupero di aree urbane, nuove cittadelle, rendendo tutto questo parte
di una proposta di programma di governo per l’avvenire della nostra città. Al
contrario qui e ora, la realtà ci racconta una storia chiara e semplice
riferibile all’assenza di programmazione territoriale.
Il PRG e la sua attuazione perseguita nel rispetto
delle norme tecniche che regolano l’edilizia e la pianificazione, offrirebbe ai
nostri occhi un paesaggio urbano in perfetto equilibrio tra spazi pubblici e
privati, con dotazione di aree a verde e servizi, il tutto senza costi pubblici
ma a carico del privato, quindi gratis per il cittadino.
Nella normalità dello sviluppo urbanistico i costi
pubblici vengono sostenuti dal privato, come corrispettivo della concessione ad
edificare, per l’equilibrio tra pubblico e privato. Quanto offre Civitavecchia
ai suoi abitanti è il risultato del massimo profitto del capitale privato,
permesso senza limiti, a svantaggio della costituzione del patrimonio pubblico
che sono i beni e la qualità della vita propri di ciascun abitante.
Non servono miracoli ma solo una corretta
amministrazione pubblica ed un atteggiamento del professionista rispettoso
delle norme deontologiche del proprio ordinamento.
Negli ultimi cinque anni, l’Amministrazione uscente
ha partorito molteplici strumenti urbanistici attuativi figli delle regole del
gioco, estranee alla normativa vigente, che essa stessa si è data. Le
responsabilità non sono esclusivamente della politica. I progettisti, le
imprese, gli uffici, senza il consenso dei quali la politica si schianterebbe
contro un muro, sono i corresponsabili degli effetti negativi.
Da un lato troviamo le persone che accettano per
interessi di lavoro i rapporti con individui e situazioni sostanzialmente
incompatibili, subendo una schiavitù indotta a fronte di benefici economici.
Dall’altro lato incontriamo, come per la Marina ed il Mercato, procedure in
difformità della normativa paesaggistica, oppure la variante generale adottata
non nei termini di legge e i piani attuativi adottati non in conformità alle
normative vigenti ma a quelle che saranno approvate, “se” saranno approvate.
Si scrivono le regole che avranno valore solo in
seguito, eppure a queste “non-norme” già si adeguano gli strumenti urbanistici
che a loro volta dovranno essere approvati, creando una emulazione del mondo
azionistico dei “futures”. Le aree
fittiziamente trasformate in edificabili rappresentano un valore mobiliare
suscettibile di essere trasferito in modo immediato.
Il territorio viene trattato come “pacchetto
azionario” della Civitavecchia SPA, lo
scopo è di incrementare al massimo il valore delle aree per poi immetterle nel
mercato con il massimo profitto. L’intera procedura rimane viziata dal cambio
di destinazione d’uso da considerarsi sempre e solo su previsioni di
trasformazione e non sull’attuale valore del suolo. Gli acquirenti o coloro che
hanno investito capitali, per lo sviluppo ad esempio dei programmi integrati e
per i Piani di Zona, lo hanno fatto su terreni virtuali e possono rischiare di
perdere tutto analogamente a quanto capitato a chi aveva i propri investimenti
nei prodotti derivati.
La strategia dello struzzo fa sì che la politica, di
fronte al massacro del territorio, alla rapina degli spazi pubblici e alla
città resa invivibile, si preoccupi di preservare i guadagni economici
attraverso il ricatto della crisi economica. In questo modo si compie l’errore
storico di “fare finta di niente”, di non riconoscere che è il patrimonio
pubblico in perdita ed in svendita. Al contrario si valuta come unica soluzione
la costruzione di altro cemento se non la trasformazione dei suoli agricoli in
edificabili invece di creare lavoro per dotare la città dei servizi al cittadino.
Il bene comune è intangibile, il bene privato è invece immediatamente
trasformabile in merce di scambio. Il bene pubblico soccombe al profitto
privato in quanto la Civitavecchia SPA è una macchina creata per la svendita
della nostra città.
MP
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