mercoledì 29 febbraio 2012


Che fine ha fatto il Piano di Zona 11 ?

Il giorno 25.01.2012 la Giunta Comunale ha approvato ai sensi dell’articolo 1 Bis, comma 1, della Legge Regionale n. 36 del 1987, il Programma Integrato di intervento da attuarsi in via Don Milani. Il richiamato articolo 1 Bis della L.R. 36/87 stabilisce per i piani attuativi conformi allo strumento urbanistico generale, l’approvazione con il solo passaggio in Giunta Comunale.
Quindi a Civitavecchia il giorno 25 gennaio 2012 con il “parere in ordine alla regolarità Tecnica” ed il “parere del Segretario Generale di conformità alle leggi, allo statuto ed ai Regolamenti” è stato promosso il Piano Integrato denominato “Don Milani Uno”.
L’approvazione di un Piano Integrato con sola Delibera di Giunta fornisce numerosi spunti di riflessione.
La prima notazione da fare è che l’area oggetto del Piano integrato è zona riservata al piano per l’edilizia economica popolare (PZ 11 Don Milani) come prescritto dal PEEP 3° adottato con la Variante 29, attenzione, quella del 1998. Il fabbisogno decennale del PEEP 3° era stato fissato nella misura di 7.964 abitanti e l’aliquota da attuare con interventi di edilizia residenziale pubblica era stata fissata nel 50%, pari a 3.982 abitanti corrispondenti ad un volume residenziale di 318.560 mc. In conseguenza all’approvazione della Giunta, le volumetrie del Piano integrato, pari a circa 21.000 mc e i corrispondenti 200 abitanti insediabili, risultano quindi sottratti alla percentuale riservata dalla legge all’edilizia residenziale pubblica ed in variante al rapporto del 50% tra l’edilizia pubblica e quella privata stabiliti dal PEEP 3°. Una operazione del genere avrebbe dovuto comportare l’adozione di un procedimento di Variante Urbanistica.
D’altra parte è interessante rilevare che la natura del Piano Integrato è quella della “riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale”. L’area in oggetto è al contrario interessata dal Piano di Zona 11, è un terreno libero, non degradato, non costruito in tutto o in parte, non è un nucleo di urbanizzazione rada e diffusa priva di servizi, tanto meno, parte di un centro con forti fenomeni di congestionamento, ma ha tutta l’aria di essere una zona agricola.
Inoltre l’area oggetto del piano integrato non corrisponde all’intero perimetro del comparto “A” del Piano di Zona 11 e viene ad interessare tutte le aree edificabili del comparto stesso. I proprietari dei lotti esclusi dal Piano integrato, che rimangono con la destinazione a spazi pubblici per verde e servizi di Piano di Zona 11, non avranno più aree a disposizione su cui trasferire le proprie potenzialità edificatorie. Allo stesso tempo gli spazi pubblici interni al Comparto A, prescritti dal Piano di Zona 11, essendo stati esclusi dal piano integrato, non troveranno attuazione. Risulta incomprensibile parlare di interesse pubblico di un piano integrato quando in realtà si sta operando la cancellazione di un Piano di edilizia economica pubblica che sin dall’atto della sua approvazione comporta “la dichiarazione di pubblica utilità delle opere previste”.
Diventa estremamente difficile comprendere come la finalità del Piano per l’edilizia economica e popolare di venire incontro alla domanda di abitazione dei ceti meno abbienti, possa essere ritenuta equivalente ad una attuazione di volumetrie per l’edilizia privata, seppure con alcune opere di compensazione.
Il Piano di Zona per l’edilizia economica e popolare ha caratteristiche precipue ed un procedimento specializzato, con estensione finalizzata ad acquisire le sole aree per costruire alloggi da assegnare a categorie popolari e per creare i relativi standards.
Il Piano di Zona comporta che, tutte le aree comprese nel piano vengano acquisite dal Comune mediante le procedure di esproprio per poi poterle concedere in diritto di superficie oppure cederle in proprietà a cooperative edilizie, ad imprese di costruzione ed ai singoli, con preferenza per i proprietari espropriati.
Il Piano Integrato vedrà gli immobili privati venduti a prezzo di mercato.
In questo racconto le regole tornano ad essere il principale attore. Il rispetto delle procedure è l’ultima roccaforte di tutta l’impalcatura democratica. La legge dei Piani Integrati e la norma sullo snellimento delle procedure dettano le “regole del gioco ”.
La politica, attraverso una seria programmazione del territorio, deve pianificare lo sviluppo urbanistico della città, il tecnico deve progettare il piano conformemente alle normative e la Pubblica Amministrazione deve controllare e validare i progetti. Alla luce dei fatti sopra esposti è lecito domandarsi se il risultato conseguente all’approvazione del piano integrato, in luogo di un piano di zona, dichiarato comunque conforme al piano regolatore, rappresenti l’applicazione delle “regole del gioco ” o la loro sostituzione con un “fai da te ” che ci pone di fronte al fatto compiuto.

lunedì 20 febbraio 2012

La cittadella della danza come la Marina e il Mercato ?

Il 1 febbraio del 2012 è stato indetto il bando di gara relativo alla realizzazione di un centro per lo sport e la danza, “Cittadella della danza”. Il Comune di Civitavecchia, attraverso la procedura aperta per appalto integrato, affiderà la progettazione esecutiva e la successiva realizzazione dell’intervento per opere di importo pari a 3.000.000 euro per la fase uno e 700.000 euro per quella di completamento.
L’intervento è localizzato presso l’ex area Feltrinelli, di proprietà comunale, situata nei pressi della Stazione Ferroviaria ed oggi utilizzata come parcheggio.
Analizziamo ora la situazione.
Come chiaramente riscontrabile dall’esame della Tavola B del Piano Territoriale Paesistico Regionale (di seguito PTPR) l’intervento per la realizzazione della “Cittadella della Danza” ricade in un’area dichiarata di notevole interesse pubblico, sotto il profilo paesaggistico, con Decreto Ministeriale del 22/05/1985.
In considerazione di tale dichiarazione di notevole interesse pubblico alla porzione di territorio interessata dall’intervento, secondo le disposizioni dell’art. 8 del PTPR,  “... non si applica l’esclusione di cui al comma 2 dell’articolo 142 del Codice “, ovvero l’esclusione delle zone omogenee A e B e, quindi, indipendentemente dal fatto che ci si trovi in zona B (e sempre ammesso che a Civitavecchia esista una reale zona B), siamo in presenza, per la sua vicinanza al mare, di un bene paesaggistico a pieno titolo. In effetti, l’area rientra, altresì, tra quelle tutelate per legge ai sensi dell’art. 142 del Dlgs 42/2004 ed è soggetta alle disposizioni dell’art. 33 “protezione delle fasce costiere marittime ” del PTPR  e, per quanto riguarda gli ambiti del paesaggio rappresentati nella Tavola A del PTPR, ricade nel “Paesaggio Agrario di Continuità”.
L’ articolo 33 dispone che:“Nella fascia di rispetto di cui al comma 1 (ndr. territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia) l’indice di edificabilità territoriale è stabilito in 0,001 mc/mq ”.
Ricadendo l’intervento in oggetto nel “Paesaggio Agrario di Continuità” appare pertanto evidente come siano pienamente vigenti, nel caso in questione, le disposizioni dell’articolo 33 del PTPR e, quindi, l’indice di edificabilità territoriale pari a 0,001 mc/mq.
L’intervento proposto, che prevede la realizzazione di volumetrie per 8.550 mc su una superficie di 15.713 mq, risulta, dunque, evidentemente incompatibile con le disposizioni dell’art. 33 del PTPR e con il previsto indice di 0,001 mc/mq, dalla cui applicazione la volumetria insediabile risulterebbe essere di 15,7 mc.
L’articolo 9 della costituzione Italiana così recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione ”. Come Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, noi tutti siamo chiamati ad operare nel rispetto delle norme vigenti e tra queste c’è il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR).
Bisogna domandarsi, in merito al rispetto della normativa nazionale e regionale di tutela del paesaggio, che senso abbia la ripetuta disapplicazione di tali disposizioni da parte dell’Amministrazione Comunale.
Quale significato assumano le dichiarazioni pubbliche dei rappresentanti istituzionali i quali hanno definito le violazioni in materia di tutela paesaggistica come “distrazioni” o “disguidi” dovuti ad aspetti “burocratici”.
Si rammenti ad esempio il caso della Marina, dove l’indice 0,001 mc/mq è stato ignorato ed  è stata realizzata una volumetria di circa 8900 mc in assenza di autorizzazione paesaggistica.
Si tengano presenti i lavori di “ristrutturazione” del mercato cittadino, tra difformità urbanistiche, con la previsione di un intervento di nuova costruzione su piazza XXIV maggio, area destinata da PRG a “verde pubblico parcheggi e zone pedonali”, e il rischio dell’avvio dei lavori in assenza dell’autorizzazione paesaggistica che solo l’intervento preventivo della Soprintendenza ha impedito si svolgessero in violazione degli obblighi previsti dal Codice del Paesaggio (ndr. Dlgs 42/2004).
Si ricordi, inoltre, la sospensione disposta, sempre a seguito di opportuna segnalazione della Soprintendenza, in relazione ad alcuni lavori in corso nel centro storico o il recente caso, che dimostra l’inefficacia delle precedenti esperienze in merito alla realizzazione di un cinema multisala.
Proprio in quest’ultima occasione, speculare alla situazione della “Cittadella della Danza”, la P.A. attraverso una singolare lettura della citata dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui al DM del 22 maggio 1985, avrebbe preteso di non applicare l’indice di 0,001 mc/mq previsto dall’art. 33 delle norme del PTPR nel tentativo di cancellare, in un colpo solo, il rilievo operato dalla  stessa Soprintendenza nel provvedimento di sospensione dei lavori della Marina circa la vigenza del DM del 22 maggio 1985 e la ricognizione, di cui all’art. 8 c. 3 delle norme PTPR, effettuata dalla Regione secondo l’Accordo  sottoscritto con il Ministero dei Beni Culturali.
Senza parole, rimane solo la speranza che il Comune di Civitavecchia interrompa o annulli la procedura di gara o non proceda ad alcun affidamento, perché ne ha la facoltà.

MP

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lunedì 13 febbraio 2012


In equilibrio tra pubblico e privato

Il Piano Regolatore del Comune di Civitavecchia prescrive per ogni area edificabile, (ndr. tranne la zona “U”che delimita il centro storico e parte della edificazione compresa tra la trincea ferroviaria e il mare), la sua attuazione attraverso la redazione di Piani Particolareggiati o Piani di iniziativa Privata. L’urbanistica è operazione di calcolo ma soprattutto è il pianificare e il progettare il territorio con il fine di migliorare la condizione di vita di ciascun abitante. I numeri corrispondenti ai volumi si trasformano in edifici ma solo dopo avere definito la rete viaria, le reti idriche e fognarie, gli spazi per i parcheggi, le aree pubbliche, i luoghi per l’educazione e per i servizi al cittadino. Per garantire la normale qualità del vivere, il rapporto pubblico/privato deve essere governato nel rispetto delle prescrizioni di piano regolatore.
Le cronache di ieri e di oggi offrono alcuni spunti interessanti di riflessione.
Il 31 gennaio del 1978 con Deliberazione di Giunta Regionale (DGR) n. 190 veniva approvata la Variante n. 7 del piano regolatore (PRG) in cui venivano individuate le aree (o edifici) di uso pubblico nella zona urbanizzata “U”.
Il 13 marzo 1978 con DGR n. 979 veniva approvata la Variante 11 e l’area compresa tra via Risorgimento, via XXIV maggio, via Unione e via Doria, modificava la propria originaria destinazione di “Zona urbanizzata di tipo U” (ndr. edificabile) in quella di “Zona destinata a sedi viarie, piazze e larghi”(ndr. pubblica). Il merito di queste varianti fu l’incremento di spazi pubblici in una zona del centro cittadino la cui dotazione veniva definita: “gravemente inferiore ai minimi prescritti dal Decreto 1444/68 ” a tal punto che la Regione aveva imposto:”un sollecito avvio del processo di recupero di ulteriori spazi da destinare ad attività collettive, verde pubblico e parcheggi nelle zone U ” da effettuare in un processo di REVISIONE GENERALE del PRG.
Veniamo ai giorni nostri, dicembre del 2011, il Consiglio Comunale con delibera n. 111, ha adottato la variante normativa della “Zona urbanizzata di tipo U”, introducendo la prescrizione seguente:” Nelle aree di uso pubblico, già elencate nella Tavola D della Variante n.7 possono consentirsi costruzioni di tutte le destinazioni ammesse nella Zona U di PRG (ndr. anche residenze private in luogo di edifici pubblici) qualora le stesse siano state dimesse ...”. Risulta chiaro che per l’attuale amministrazione l’esigenza di spazi e luoghi pubblici nell’area storica della nostra città, al contrario di quanto perseguito dalla Pubblica Amministrazione (P.A.) degli anni ’70, oggi è posta in secondo piano rispetto all’interesse privato.
Sottoponiamo ad analisi la c.d. Zona R compresa tra Viale Baccelli, la ferrovia e Corso Centocelle. La zona è oggetto di interventi di edilizia che hanno visto realizzare numerosi edifici con semplici Permessi di Costruire nonostante l’obbligo di attuazione con Piano Attuativo. Le varie edificazioni, attuate con indici variabili, hanno consumato gran parte della potenzialità edificatoria della zona R senza la conseguente creazione degli spazi pubblici necessari ad un equilibrato sviluppo tra pubblico e privato.
In data 22.12.2008 con DCC n. 147 l’area è stata sottoposta a variante per mutare la potenzialità edificatoria dei lotti. Il CTR della Regione Lazio, deputato alla valutazione delle proposte di variante, ha eccepito sulla validità della proposta basata sulle previsioni del 1985, dichiarando che non erano state considerate le modifiche intervenute nei successivi 25 anni fino ai giorni nostri e affermando che: “la reale ed attuale potenzialità edificatoria...omississ...deve essere determinata previa la conoscenza della consistenza edilizia esistente, della disponibilità di aree pubbliche e di servizi”.
Con DCC del 31.01.2012, n. 3, le opportune modifiche d’ufficio prescritte dalla regione Lazio sono state semplicemente respinte.
La P.A. cede al privato la possibilità di realizzare in un’area carente di servizi, il massimo della edificabilità senza garanzie per il 50% di aree da destinare ai pubblici servizi.            Il privato usufruendo del doppio della capacità edificatoria dell’area determinerà il collasso urbanistico della Zona R.
Il problema della assenza di pianificazione finalizzata al riequilibrio tra pubblico/privato incontra nell’analfabetismo urbanistico relativo al concetto del “lotto intercluso” la sua definitiva affermazione. A fronte del principio di attuazione del PRG tramite la redazione di piano di iniziativa pubblica o privata, la prassi giurisprudenziale ha coniato una deroga eccezionale in presenza di una peculiare situazione di fatto che ha preso il nome di “lotto intercluso”. In sintesi si è chiarito che si può prescindere dalla pianificazione attuativa richiesta dallo strumento urbanistico, solo quando nella zona interessata sussista una situazione di fatto esattamente corrispondente a quella derivante dalla pianificazione, ovvero siano presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti. La valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento discrezionale del Comune che, se intende rilasciare titolo edilizio, deve compiere una penetrante istruttoria per accertare che la pianificazione esecutiva non conservi una qualche funzione anche in relazione al recupero di eventuali situazioni di degrado. La P.A. con DCC n. 146 del 22.12.2008 e successivamente con DCC n. 70 del 02.08.2010 ha avviato nella pratica urbanistica la deregolamentazione attraverso l’approvazione di edifici su c.d. “lotti interclusi”. La valutazione della completa urbanizzazione è demandata al privato che in definitiva autocertifica la situazione attuale quale corrispondente a quella derivante dalla completa urbanizzazione della zona.
A testimonianza di una situazione di degrado delle zone comprese nel perimetro del centro urbano, si riporta quanto affermato nella DGR del 13 dicembre 1977, n. 5874 (ndr. la Variante 5):”le densità originariamente previste dal Piano regolatore generale sono, per la quasi totalità delle zone, ampiamente superate nello stato di fatto, per cui si impongono soluzioni correttive, soprattutto per dotare queste zone dei necessari servizi ed attrezzature”. Quanto affermato descrive l’esaurimento delle potenzialità edificatorie nella quasi totalità del centro urbano. L’attuale amministrazione attraverso atti deliberativi ed interpretazione di norme alquanto discutibili, asseconda l’edificazione diretta abbandonando l’idea di recupero e riqualificazione di zone compromesse sin dal lontano 1977.

MP

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domenica 5 febbraio 2012

Il cavallo di Troia

La pianificazione urbanistica nasce in funzione della visione del “futuro” della città e mira al rilancio, al recupero, all’innovazione, alla qualità della vita.
Una leadership fortemente personalizzata e strategie di breve periodo-mandato, hanno accorciato i tempi della politica e l’hanno spinta in direzione del facile successo, del risultato a tutti i costi. Analizziamo ora la situazione.
Con la Variante Generale al PRG si è assistito alla strumentalizzazione del piano attraverso la funzione demagogica del consenso per legittimare scelte di gruppi di interessi “economici”, già prese altrove. Il titolo stesso della Variante è strumentale:”Modifiche e integrazioni alla variante n. 29 al PRG adottata con DCC n. 272 del 22.10.1998 per l’attuazione di un “Piano per l’edilizia residenziale pubblica e sociale” nonché per la creazione di due parchi urbani e di un sistema di verde complementare finalizzati all’integrazione degli standard urbanistici, e per la dotazione di infrastrutture e di servizi generali del settore Nord della città”, perchè punta all’immagine di una edificazione esclusivamente “pubblica e sociale”  come se non esistessero i privati.
La ricerca del consenso tende a mascherare un compromesso tra interessi forti al di fuori del piano, la Pubblica Amministrazione, dal canto suo, durante tutto l’iter della Variante Generale ha escluso dall’effettiva partecipazione ai processi di formazione e discussione la società civile palesando la disuguaglianza tra soggetti con diversa capacità contrattuale.
Ad una attenta analisi la c.d. Variante alla Variante 29 risulta un contenitore di strumenti urbanistici di attuazione, denominati Programmi integrati e Piani di Zona. I primi, esaminati e promossi dalla commissione con procedura negoziata, i secondi, promossi sempre da una commissione con un premio di 50 euro al metro quadrato di terreno agricolo.
La Variante Generale così pensata, crea zone di sviluppo urbano a “macchia di leopardo” senza la minima pianificazione delle reti, delle infrastrutture e dei servizi. La lettura delle tavole del progetto rende possibile potere affermare che il riassetto territoriale e il rinnovo urbano non sono stati né affrontati né risolti. Assistiamo quindi, per esempio, alla mancata programmazione del recupero urbanistico per le c.d. zone compromesse. D’altra parte registriamo che l’imprenditorialità diffusa e la società civile rappresentanti di altri interessi, sono stati semplicemente ignorati e non hanno trovato nessuno che li rappresentasse.
Il rapporto tra amministrazione pubblica e privati ha prodotto un’idea di pianificazione unica, finalizzata alla realizzazione di un milione di metri cubi di costruzioni per soddisfare l’incremento demografico dei prossimi dieci anni pari a diecimila abitanti. Ad oggi constatiamo che quindici “proponenti” ovvero quindici aree agricole verranno trasformate in zone edificate ed urbanizzate per una volumetria di circa 750.000 metri cubi di costruzione,  ratificando le scelte degli interessi economici “forti”.
Quale esito principale sul piano della metodologia, si constata l’occasione mancata di costruire una società civile più forte ed egualitaria. Sul piano politico invece si registra la consapevolezza che da parte della Pubblica Amministrazione, con la esclusione della promozione, della comunicazione e della partecipazione di tutta la società civile per una condivisione del futuro, si è materializzato il pericolo di esiti derogativi contrabbandati come “flessibilità” ma in realtà funzionali al raggiungimento degli obiettivi di mera rivalutazione della rendita fondiaria e della pura speculazione edilizia.
Gli interessi privati imprenditoriali e immobiliari “forti” hanno avuto la meglio sugli interessi di tutti.

M.P.


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