domenica 5 febbraio 2012

Il cavallo di Troia

La pianificazione urbanistica nasce in funzione della visione del “futuro” della città e mira al rilancio, al recupero, all’innovazione, alla qualità della vita.
Una leadership fortemente personalizzata e strategie di breve periodo-mandato, hanno accorciato i tempi della politica e l’hanno spinta in direzione del facile successo, del risultato a tutti i costi. Analizziamo ora la situazione.
Con la Variante Generale al PRG si è assistito alla strumentalizzazione del piano attraverso la funzione demagogica del consenso per legittimare scelte di gruppi di interessi “economici”, già prese altrove. Il titolo stesso della Variante è strumentale:”Modifiche e integrazioni alla variante n. 29 al PRG adottata con DCC n. 272 del 22.10.1998 per l’attuazione di un “Piano per l’edilizia residenziale pubblica e sociale” nonché per la creazione di due parchi urbani e di un sistema di verde complementare finalizzati all’integrazione degli standard urbanistici, e per la dotazione di infrastrutture e di servizi generali del settore Nord della città”, perchè punta all’immagine di una edificazione esclusivamente “pubblica e sociale”  come se non esistessero i privati.
La ricerca del consenso tende a mascherare un compromesso tra interessi forti al di fuori del piano, la Pubblica Amministrazione, dal canto suo, durante tutto l’iter della Variante Generale ha escluso dall’effettiva partecipazione ai processi di formazione e discussione la società civile palesando la disuguaglianza tra soggetti con diversa capacità contrattuale.
Ad una attenta analisi la c.d. Variante alla Variante 29 risulta un contenitore di strumenti urbanistici di attuazione, denominati Programmi integrati e Piani di Zona. I primi, esaminati e promossi dalla commissione con procedura negoziata, i secondi, promossi sempre da una commissione con un premio di 50 euro al metro quadrato di terreno agricolo.
La Variante Generale così pensata, crea zone di sviluppo urbano a “macchia di leopardo” senza la minima pianificazione delle reti, delle infrastrutture e dei servizi. La lettura delle tavole del progetto rende possibile potere affermare che il riassetto territoriale e il rinnovo urbano non sono stati né affrontati né risolti. Assistiamo quindi, per esempio, alla mancata programmazione del recupero urbanistico per le c.d. zone compromesse. D’altra parte registriamo che l’imprenditorialità diffusa e la società civile rappresentanti di altri interessi, sono stati semplicemente ignorati e non hanno trovato nessuno che li rappresentasse.
Il rapporto tra amministrazione pubblica e privati ha prodotto un’idea di pianificazione unica, finalizzata alla realizzazione di un milione di metri cubi di costruzioni per soddisfare l’incremento demografico dei prossimi dieci anni pari a diecimila abitanti. Ad oggi constatiamo che quindici “proponenti” ovvero quindici aree agricole verranno trasformate in zone edificate ed urbanizzate per una volumetria di circa 750.000 metri cubi di costruzione,  ratificando le scelte degli interessi economici “forti”.
Quale esito principale sul piano della metodologia, si constata l’occasione mancata di costruire una società civile più forte ed egualitaria. Sul piano politico invece si registra la consapevolezza che da parte della Pubblica Amministrazione, con la esclusione della promozione, della comunicazione e della partecipazione di tutta la società civile per una condivisione del futuro, si è materializzato il pericolo di esiti derogativi contrabbandati come “flessibilità” ma in realtà funzionali al raggiungimento degli obiettivi di mera rivalutazione della rendita fondiaria e della pura speculazione edilizia.
Gli interessi privati imprenditoriali e immobiliari “forti” hanno avuto la meglio sugli interessi di tutti.

M.P.


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